AIF Ticino presenta il nuovo rapporto sull’imprenditoria familiare e lancia un appello contro una misura fiscale confiscatoria che minaccia la continuità delle aziende di famiglia.
Le imprese familiari rappresentano il cuore pulsante dell’economia ticinese, ma oggi questo cuore è in serio pericolo. È il messaggio lanciato da AIF Ticino, l’Associazione imprese familiari Ticino, durante la conferenza stampa tenutasi oggi a Lugano.
Secondo il presidente di AIF Ticino Martino Piccioli «le imprese familiari costituiscono la spina dorsale dell’economia cantonale e nazionale. Quando si parla di impresa familiare – ha affermato – si parla di radici e di futuro, di passione e di responsabilità. Ma oggi questo modello virtuoso rischia di essere compromesso da un’iniziativa che, in nome di un falso principio di equità, mette in discussione la continuità di migliaia di aziende».
Durante la conferenza stampa è stato presentato il nuovo volume “Le aziende familiari nel Canton Ticino. Modelli di business, governance e sfide strategiche”, curato dai professori Carmine Garzia e Mattia Bedolla della SUPSI e pubblicato quattromani da Fontana Edizioni e Armando Dadò Editore. Il libro raccoglie i risultati aggiornati dell’Osservatorio sulle imprese familiari AIF-SUPSI, fornendo per la prima volta una mappatura sistematica della realtà imprenditoriale nel Cantone.
Secondo il rapporto, in Ticino operano oltre 8.400 imprese familiari – tra società anonime e Sagl – che impiegano più di 83.000 persone. La seconda generazione è alla guida della maggioranza delle aziende, seguita dalla terza, e la concentrazione più alta si registra nel Luganese. Le imprese familiari si distinguono per la forte propensione all’innovazione, con quasi l’80% che ha introdotto nuovi prodotti o servizi negli ultimi anni, e per un impegno crescente nella sostenibilità, ambito in cui gli investimenti sono aumentati del trentatré per cento negli ultimi cinque anni.
Secondo il Prof. Carmine Garzia «le imprese familiari rappresentano una componente essenziale del tessuto economico ticinese: generano valore non solo economico ma anche sociale, custodiscono competenze e identità, e sono la prova concreta che radicamento e innovazione possono convivere». Tuttavia, la ricerca mette in luce anche alcune criticità: quasi la metà delle aziende non ha ancora definito un piano di successione e la governance resta spesso concentrata all’interno del nucleo familiare.
È in questo contesto che si inserisce l’allarme lanciato da AIF Ticino contro l’“Iniziativa per il futuro”, un progetto di riforma fiscale che, secondo i relatori, rischia di compromettere irreversibilmente il tessuto imprenditoriale del Cantone.
Il Vicepresidente di AIF Ticino Fabio Regazzi, Consigliere agli Stati e presidente dell’usam, ha denunciato con forza la portata di questa minaccia. «L’iniziativa – ha spiegato – è un attacco ideologico al cuore produttivo della Svizzera e del Ticino. Non si tratta di colpire i cosiddetti super-ricchi, ma di mettere in ginocchio le imprese che hanno garantito per generazioni occupazione, investimenti e stabilità». La proposta prevede una tassazione fino al 50% su successioni e donazioni superiori ai 50 milioni di franchi, senza eccezioni per le aziende familiari. «Più dell’80% del patrimonio di queste imprese è investito nell’azienda stessa, non in liquidità. Tassare la successione significa costringere famiglie e imprenditori a vendere o indebitarsi solo per pagare una tassa ideologica. È un boomerang che colpirebbe lavoratori, fornitori e comunità locali».
Regazzi ha ricordato anche i dati di un recente studio PwC: il 96% degli imprenditori familiari svizzeri si oppone all’iniziativa, l’83% teme che renda impossibile la successione aziendale e due aziende su tre sarebbero costrette a vendere. «Le conseguenze – ha aggiunto – sarebbero devastanti: perdita di know-how, fuga di capitali, smembramento di imprese e una drastica riduzione dell’attrattiva fiscale del Paese».
Chiariamo subito un punto: il semplice fatto che questa iniziativa sia finita sul tavolo ha già prodotto conseguenze negative, generando incertezza tra i potenziali nuovi arrivi di grandi patrimoni in Svizzera e preoccupazione tra coloro che ne sarebbero stati direttamente toccati. Fortunatamente, per evitare almeno fughe “preventive”, il Consiglio federale ha chiarito che l’effetto retroattivo potrà applicarsi unicamente a eredità e donazioni effettivamente versate dopo un’eventuale accettazione dell’iniziativa popolare. Inoltre, l’iniziativa dei giovani socialisti è stata giudicata estrema anche da ambienti a sinistra ed è stata respinta chiaramente dal Parlamento.
Chi lavora in un’impresa di famiglia sa che “patrimonio” non equivale a “liquidità”: una buona parte della ricchezza è immobilizzata in infrastrutture, macchinari, R&S, capitale umano. Tassare in modo punitivo il passaggio generazionale significa spesso costringere a vendere pezzi d’azienda o indebitarsi per pagare l’imposta, proprio nel momento più delicato della transizione tra generazioni. Quella di successione è una «tassa sulla continuità» che scoraggia chi reinveste gli utili, mette a repentaglio know-how e occupazione, e spinge imprenditori e imprese a lasciare la Svizzera. Questa criticità è stata evidenziata più volte nel dibattito economico regionale, fino a diventare il tema centrale dell’Assemblea AIF 2025.
Nel nostro Cantone, AIF Ticino rappresenta quasi un centinaio di imprese di famiglia attive almeno in seconda generazione: un patrimonio di valori e competenze che ha saputo attraversare crisi e cambi di ciclo, contribuendo a benessere e coesione. Più in generale, in Ticino oltre il 60% delle imprese è familiare: un segnale dell’enorme ruolo sistemico che il family business svolge per occupazione, filiere e radicamento territoriale. Quando la politica introduce norme che rendono incerta o più costosa la successione, non colpisce pochi “grandi patrimoni”: indebolisce intere catene del valore, riduce l’appetito d’investimento e spinge a spostare decisioni strategiche altrove. Lo stesso Consiglio federale ha segnalato rischi di minori entrate (soprattutto per Cantoni e Comuni), incentivi sbagliati e una preoccupante efficacia anticipata con effetti retroattivi sugli atti successori, aumentando l’incertezza giuridica.
Attenzione a sdoganare il concetto di tassare due volte chi investe sul futuro. L’iniziativa in votazione preoccupa tutte le imprese familiari, anche quelle che oggi non raggiungono la soglia dei 50 milioni: ciò che conta non è tanto la cifra proposta, quanto il concetto che legittima. Tassare nuovamente patrimoni già fiscalizzati durante una vita intera significa colpire la cultura svizzera del risparmio e degli investimenti solidi. E una volta sdoganato il principio, la soglia potrebbe facilmente scendere a 30, 20, 10 o 5 milioni, coinvolgendo progressivamente sempre più famiglie e imprese che hanno scelto di investire anziché spendere.
Non si tratta quindi solo di “pochi facoltosi”. I grandi patrimoni trainano l’intera economia: le loro aziende fanno lavorare filiere di piccole imprese, artigiani, professionisti e servizi. Spingerli all’estero o nelle mani di fondi stranieri significherebbe indebolire la base produttiva e la continuità imprenditoriale che caratterizzano la piazza svizzera. Un paradosso: nel nome della transizione ecologica si finirebbe per erodere proprio l’economia reale che dovrebbe sostenerla.
La Svizzera deve scegliere: vuole continuare a essere un Paese di imprese familiari che innovano, investono e assumono, o un Paese che penalizza chi è creare valore, know-how e indotto sul lungo periodo e a beneficio di tutti, e sul quale contribuisce con le imposte già annualmente. Voler consegnare ciò che si è riuscito a ottenere in vita alle prossime generazioni dovrebbe essere incentivato, non punito. Mettere a rischio la successione significa mettere a rischio il nostro vantaggio più prezioso: la fiducia nel futuro, quella che le famiglie imprenditoriali coltivano da sempre, un investimento dopo l’altro, una generazione dopo l’altra.