Imposta effetto boomerang

Ciclicamente la Svizzera si trova sotto la pressione di iniziative che mirano alla redistribuzione della ricchezza, rischiando di compromettere i fattori di competitività delle imprese e il loro essenziale contributo al territorio, generazione dopo generazione. L’Opinione di Martino Piccioli, Presidente dell’Associazione delle Imprese Familiari (AIF) Ticino.

La proposta avanzata dai giovani socialisti svizzeri per una tassazione al 50% delle successioni rappresenta uno degli attacchi più pericolosi al modello economico svizzero, che premia il risparmio a favore delle future generazioni, contro il consumo eccessivo di ricchezza o addirittura l’indebitamento che ricadrebbe a loro carico. Sebbene venga presentata come una misura di equità e redistribuzione della ricchezza, in realtà nient’altro è che una misura espropriativa, distruttiva e autolesionista.

Espropriativa, perché toglie la ricchezza generata dal lavoro di una o più generazioni, sulla quale si sono pagate imposte anno dopo anno.
Distruttiva, perché non fa distinzione tra patrimonio e liquidità in banca, obbligando a vendere ciò che magari è stato creato da generazioni per pagare la tassa.  Si colpisce dunque chi, invece di “sperperare in vita”, ha preferito conservare, reinvestire e far crescere per i propri figli.
Autolesionista, perché invece di “trovare nuovi fondi”, il risultato sarebbe un impoverimento netto a tutti i livelli.

Già oggi i danni sono evidenti. Il solo fatto di dover votare questa iniziativa scoraggia l’arrivo di importanti patrimoni dall’estero, nuovi afflussi che avrebbero contribuito anche a finanziare la socialità. Al contempo aumenta il rischio di partenze illustri preventive, con l’effetto di privare gli iniziativisti di quei fondi tanto ambiti e addirittura riducendo le attuali risorse dello Stato.

Non convince neppure a sinistra

Tra gli aspetti più rivelatori della debolezza dell’iniziativa è il fatto che non goda di un consenso unanime nemmeno a sinistra. Ad esempio, la Piattaforma dei socialisti liberali del PS ha espresso forti riserve, ritenendola eccessivamente radicale e non in linea con una politica economica sostenibile. Se anche una parte della sinistra moderata riconosce che una proposta fiscale è troppo estrema, significa che ci troviamo di fronte a una misura i cui danni superano ampiamente i benefici.

Ormai da decenni, la Svizzera si trova ciclicamente sotto la pressione di iniziative che mirano a una redistribuzione della ricchezza, dimenticando le implicazioni a lungo termine. Questo nonostante la storia dimostri che ogni qualvolta si tenta di forzare un modello economico più vicino a una visione statalista, il Paese rischia di perdere competitività, di ridurre il potenziale innovativo delle imprese e di compromettere il benessere generale.

L’idea che l’imposta sarebbe necessaria per ridurre le disuguaglianze e finanziare lo Stato sociale è frutto di una visione superficiale e poco realistica. La vera giustizia sociale non si ottiene penalizzando chi ha successo, ma creando opportunità per tutti. Invece di tassare pesantemente le eredità, sarebbe molto più efficace incentivare la crescita economica, sostenere le start up, ridurre la burocrazia per le nuove imprese e migliorare il sistema di formazione per garantire a tutti la possibilità di accedere a un lavoro ben retribuito.

Un macigno sulle imprese familiari

Le imprese familiari costituiscono l’ossatura dell’economia svizzera. Molte di queste aziende sono tramandate di generazione in generazione e rappresentano non solo una fonte di reddito per le famiglie proprietarie, ma anche un motore per l’occupazione e l’economia locale e un buon contribuente su più generazioni per la comunità.

Ma l’imposta graverebbe su figli e successori degli imprenditori con un onere fiscale insostenibile. Così come chi ereditasse una casa dai genitori dovrebbe venderla per potersi permettere un’imposta sul valore del 50%, allo stesso modo nel caso di un’azienda familiare si finirebbe per svendere il lavoro di un’intera generazione (o più), consegnandola in mani straniere, con la relativa perdita di indotto, know-how e posti di lavori per gli anni a venire.

Imprenditori e investitori in fuga

Il motivo per cui molti imprenditori scelgono di avviare le loro attività sul nostro territorio è legato alla certezza di diritto, alla moderata pressione fiscale e a un sistema che incentiva la creazione di ricchezza. Ma se queste condizioni venissero alterate in modo radicale, si innescherebbe una fuga di capitali e di talenti che danneggerebbe seriamente l’economia e il nostro benessere. Soprattutto in un mondo in cui la mobilità è sempre più facilitata e i nuovi lavori sono meno dipendenti dal luogo fisico in cui vengono svolti.

Secondo un’analisi di PwC, un imprenditore su due sarebbe disposto a lasciare la Svizzera se il contesto fiscale diventasse troppo sfavorevole. Questo dato dovrebbe far riflettere seriamente i promotori di politiche fiscali più aggressive.

Falsa giustizia sociale

L’idea che l’imposta sarebbe necessaria per ridurre le disuguaglianze e finanziare lo Stato sociale è frutto di una visione superficiale e poco realistica. La vera giustizia sociale non si ottiene penalizzando chi ha successo, ma creando opportunità per tutti. Invece di tassare pesantemente le eredità, sarebbe molto più efficace incentivare la crescita economica, sostenere le start up, ridurre la burocrazia per le nuove imprese e migliorare il sistema di formazione per garantire a tutti la possibilità di accedere a un lavoro ben retribuito. Sono questi gli ingredienti di successo della sperimentata politica economica svizzera degli ultimi decenni.

Articolo apparso su Ticinomanagement di Aprile

Le buone pratiche di governance nelle imprese familiari

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