Il valore delle imprese familiari tra passato, presente e nuove generazioni

Lo scorso 6 maggio 2025, nella prestigiosa cornice del Grand Hotel Villa Castagnola di Lugano, l’Associazione Imprese Familiari (AIF Ticino) ha celebrato il suo decimo anniversario con un’assemblea partecipata, ricca di contenuti e visioni. Un momento per fare il punto su un modello imprenditoriale che rappresenta l’ossatura dell’economia ticinese – e non solo – in tempi di crescente incertezza, condiviso con Cristina Bombassei, 3a generazione nel gruppo Brembo e presidente di AIDAF.

AIF Ticino, che oggi rappresenta quasi 100 imprese familiari di almeno seconda generazione, è nata nel 2015 per sostenere la continuità aziendale e valorizzare la cultura imprenditoriale locale. In questi dieci anni, l’associazione sia riuscita a promuovere riforme concrete e a sensibilizzare l’opinione pubblica su temi chiave come la fiscalità e il passaggio generazionale. Tuttavia, ha anche messo in guardia contro nuove proposte politiche – come l’“Iniziativa per il futuro” dei Giovani Socialisti – che rischiano di ostacolare la trasmissione delle aziende di famiglia, minando così un patrimonio costruito con decenni di impegno.

A dare un respiro internazionale e profondo alla serata è stata Cristina Bombassei, ospite d’onore e protagonista di un’intervista pubblica condotta da Sacha Dalcol (direttore di Teleticino). Bombassei, Chief Legacy Officer del gruppo Brembo, azienda italiana leader mondiale nella produzione di impianti frenanti ad alte prestazioni per auto e moto, quotata alla Borsa Italiana, con un fatturato di 3,85 miliardi di euro e oltre 16’000 persone a livello globale, nonché presidente di AIDAF, l’Associazione Italiana delle Aziende Familiari, ha condiviso una testimonianza che intreccia esperienza personale e visione sistemica, toccando temi cruciali per l’imprenditoria familiare contemporanea.

“Il valore aggiunto dell’impresa familiare è il cuore che ci metti”

«Quando c’è una famiglia dietro un’impresa – ha esordito Bombassei – cambia tutto: cambia il modo in cui si prendono decisioni, cambia il rapporto con i collaboratori, cambia la visione del futuro. C’è un investimento emotivo, prima ancora che economico. Il vero valore è il senso di responsabilità verso le generazioni che verranno.»

Secondo Bombassei, il concetto di “famiglia” in azienda va oltre i legami di sangue. «Un’azienda familiare funziona davvero quando riesce a far sentire parte della famiglia anche i collaboratori. Questo crea un senso di appartenenza e di coesione che nessuna struttura gerarchica da sola può generare.»

Da presidente di AIDAF, Bombassei ha una visione ampia e documentata sul ruolo delle aziende familiari. «I dati parlano chiaro: le imprese a conduzione familiare, anche quando aprono il capitale o si dotano di management esterno, hanno performance migliori in termini di resilienza, crescita e sostenibilità. Perché mantengono un’anima, un’identità chiara.»

“Il passaggio generazionale va progettato. Mai improvvisato”

Uno dei passaggi più intensi dell’intervista è stato quello dedicato alla transizione generazionale. Bombassei ha sottolineato che «non è solo una questione di eredità, ma di progettualità». Alla domanda su come si sia preparata ad assumere un ruolo di vertice in Brembo, ha risposto: «Con tempo e pazienza. Non c’è un momento giusto che arriva da solo. Serve un percorso. Noi in AIDAF preferiamo parlare di “affiancamento generazionale”. I senior devono rimanere presenti con la loro memoria storica, i loro valori. I giovani devono entrare portando innovazione, velocità, competenze nuove. Questo scambio è una ricchezza.»

Ha poi aggiunto un punto centrale: «Il passaggio generazionale non si fa quando c’è una crisi, un’urgenza, una malattia. Va pianificato in anticipo, perché sia fluido e naturale. Ed è importante che il giovane non entri solo perché è “il figlio di”, ma perché ha un progetto, una visione. La legittimazione va conquistata.»

“Talento personale o azienda di famiglia? Una falsa alternativa”

Un altro tema delicato è quello dei giovani che non desiderano entrare nell’azienda di famiglia. «È normale – ha detto Bombassei – e anche giusto. Ognuno deve poter seguire la propria vocazione. L’importante è avere consapevolezza. Anche se non lavori in azienda, devi conoscere i valori che la sostengono. E devi saper gestire o far gestire il patrimonio che rappresenta.»

Proprio per questo AIDAF lavora anche sulla formazione delle nuove generazioni non operative, affinché sviluppino competenze di governance e gestione. «A volte – ha detto – saper scegliere e valutare un buon manager è già un atto imprenditoriale. Ci sono tanti ruoli possibili: si può essere imprenditori anche nella responsabilità e nella visione, non solo nella gestione quotidiana.»

Studio e gavetta: una doppia scuola

Alla domanda “meglio università o gavetta?”, Bombassei ha risposto con equilibrio. «Entrambe. Oggi servono competenze tecniche, strumenti, conoscenze. Ma la gavetta ti insegna a capire l’impresa dall’interno. Personalmente, ho dovuto lavorare il doppio per guadagnarmi rispetto e fiducia. Non bastava il cognome. In un’azienda familiare, spesso si parte con l’etichetta del “figlio di”, ma per contare davvero bisogna conquistarsi il proprio spazio. Con umiltà e fatica.»

Il Ticino e i numeri dell’impresa familiare

Durante la serata, è stato presentato in anteprima anche lo studio dell’Osservatorio SUPSI-AIF, curato dal professor Carmine Garzia. I dati sono eloquenti: in Ticino le imprese di famiglia generano 19 miliardi di fatturato e danno lavoro a oltre 83.000 persone. Un tessuto imprenditoriale che, nonostante le sfide, continua a investire in innovazione e governance, mostrando una sorprendente capacità di adattamento.

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