C’è un filo rosso che tiene insieme stabilità sociale, innovazione e radicamento territoriale: sono le imprese di famiglia. In Svizzera e in Ticino rappresentano una quota decisiva del tessuto produttivo, non solo per occupazione e gettito, ma per una cultura d’impresa che investe con orizzonte generazionale. Mettere in discussione la loro continuità equivale ad erodere le basi stesse del modello svizzero, fondato su responsabilità intergenerazionale, affidabilità e libertà di intraprendere. In questo quadro, l’“Iniziativa per il futuro” non è una misura neutra: chiede di introdurre un’imposta federale su eredità e donazioni con aliquota del 50% oltre una franchigia di 50 milioni di franchi, destinando il gettito (2/3 Confederazione, 1/3 Cantoni) a politiche climatiche.
Chiariamo subito un punto: il semplice fatto che questa iniziativa sia finita sul tavolo ha già prodotto conseguenze negative, generando incertezza tra i potenziali nuovi arrivi di grandi patrimoni in Svizzera e preoccupazione tra coloro che ne sarebbero stati direttamente toccati. Fortunatamente, per evitare almeno fughe “preventive”, il Consiglio federale ha chiarito che l’effetto retroattivo potrà applicarsi unicamente a eredità e donazioni effettivamente versate dopo un’eventuale accettazione dell’iniziativa popolare. Inoltre, l’iniziativa dei giovani socialisti è stata giudicata estrema anche da ambienti a sinistra ed è stata respinta chiaramente dal Parlamento.
Chi lavora in un’impresa di famiglia sa che “patrimonio” non equivale a “liquidità”: una buona parte della ricchezza è immobilizzata in infrastrutture, macchinari, R&S, capitale umano. Tassare in modo punitivo il passaggio generazionale significa spesso costringere a vendere pezzi d’azienda o indebitarsi per pagare l’imposta, proprio nel momento più delicato della transizione tra generazioni. Quella di successione è una «tassa sulla continuità» che scoraggia chi reinveste gli utili, mette a repentaglio know-how e occupazione, e spinge imprenditori e imprese a lasciare la Svizzera. Questa criticità è stata evidenziata più volte nel dibattito economico regionale, fino a diventare il tema centrale dell’Assemblea AIF 2025.
Nel nostro Cantone, AIF Ticino rappresenta quasi un centinaio di imprese di famiglia attive almeno in seconda generazione: un patrimonio di valori e competenze che ha saputo attraversare crisi e cambi di ciclo, contribuendo a benessere e coesione. Più in generale, in Ticino oltre il 60% delle imprese è familiare: un segnale dell’enorme ruolo sistemico che il family business svolge per occupazione, filiere e radicamento territoriale. Quando la politica introduce norme che rendono incerta o più costosa la successione, non colpisce pochi “grandi patrimoni”: indebolisce intere catene del valore, riduce l’appetito d’investimento e spinge a spostare decisioni strategiche altrove. Lo stesso Consiglio federale ha segnalato rischi di minori entrate (soprattutto per Cantoni e Comuni), incentivi sbagliati e una preoccupante efficacia anticipata con effetti retroattivi sugli atti successori, aumentando l’incertezza giuridica.
Attenzione a sdoganare il concetto di tassare due volte chi investe sul futuro. L’iniziativa in votazione preoccupa tutte le imprese familiari, anche quelle che oggi non raggiungono la soglia dei 50 milioni: ciò che conta non è tanto la cifra proposta, quanto il concetto che legittima. Tassare nuovamente patrimoni già fiscalizzati durante una vita intera significa colpire la cultura svizzera del risparmio e degli investimenti solidi. E una volta sdoganato il principio, la soglia potrebbe facilmente scendere a 30, 20, 10 o 5 milioni, coinvolgendo progressivamente sempre più famiglie e imprese che hanno scelto di investire anziché spendere.
Non si tratta quindi solo di “pochi facoltosi”. I grandi patrimoni trainano l’intera economia: le loro aziende fanno lavorare filiere di piccole imprese, artigiani, professionisti e servizi. Spingerli all’estero o nelle mani di fondi stranieri significherebbe indebolire la base produttiva e la continuità imprenditoriale che caratterizzano la piazza svizzera. Un paradosso: nel nome della transizione ecologica si finirebbe per erodere proprio l’economia reale che dovrebbe sostenerla.
La Svizzera deve scegliere: vuole continuare a essere un Paese di imprese familiari che innovano, investono e assumono, o un Paese che penalizza chi è creare valore, know-how e indotto sul lungo periodo e a beneficio di tutti, e sul quale contribuisce con le imposte già annualmente. Voler consegnare ciò che si è riuscito a ottenere in vita alle prossime generazioni dovrebbe essere incentivato, non punito. Mettere a rischio la successione significa mettere a rischio il nostro vantaggio più prezioso: la fiducia nel futuro, quella che le famiglie imprenditoriali coltivano da sempre, un investimento dopo l’altro, una generazione dopo l’altra.
Martino Piccioli, presidente AIF Ticino